sabato 27 febbraio 2010

Le trappole della ricerca

Sale a tutti cari lettori, qualche tempo fa leggevo queso piccolo brano, anche se non è del tutto allineato al mio pensiero volevo condividerla con voi. E un pensiero con cui confrontarci, e sul quale fare qualche piccola considerazione, per crescere dobbiamo affrontarle queste piccole cose, no?:) Buona lettura, un caro saluto.
Quando si comincia a rivolgere un'attenzione profonda alle cose dello spirito si verifica un fenomeno discutibile: l'intolleranza verso la ricerca spirituale degli altri. Quotidianamente, io ricevo riviste, e-mail, lettere, opuscoli che si prefiggono di dimostrare come un certo cammino sia mogliore di un altro e di fornire unaserie di regole per arrivare all'"illuminazione".Considerando il crescente numero di questo tipo di corrispondenza, ho deciso di scrivere alcune note su ciò che considero pericoloso in quei materiali.

Credenza n° 1. La mente puà curare tutto. Non è affatto vero, e intendo confutare questa affermazione con un racconto. Alcuni anni fa, un'amica profondamente coinvolta nella ricerca spirituale fu assalita dalla febbre e cominciò a stare molto male. Per un'intera nottata, usando le numerose tecniche di meditazione che conosceva, cercò di immedesimarsi nel proprio corpo, al fine di curarsi con il potere del pensiero. L'indomani, i figli preoccupati la pregarono di consultare un medico, ma lei si rifiutò di ascoltare le loro suppliche: affremò che stava "purificando" il proprio spirito. Soltanto quando la situazione divenne insostenibile accettò di recarsi in ospedale: le fu diagnosticata un'appendicite e dovettero operarla di urgenza. Attenzione, dunque: telvolta è meglio chiedere a Dio di guidare la mano di un medico, piuttosto che tentare di curarsi da soli.
Credenza n°2. La carne rossa allontana la luce divina. E' chiaro che, ppartenendo a una determinata religione, si devono rispettare alcune regole prestabilite: per esempio, gli ebrei e i mussuulmani non si cibano di carne suina; in questo caso, la proibizione apparttiene ai precetti della fede. Tuttavia, il mondo sembra investit da un'ondata "purificatoria" che si espleta attraverso il cibo: i vegetariani più intransigenti guardano i consumatori di carne come se fossero responsabili dell'assassinio degli animali. E le piante, allora:non sono forse esseri viventi? La natura è un ciclo continuo di vita e morte: un giorno saremo noi ad alimentare la terra. Dunque, se non appartieni ad una religione che proibisca un certo alimento, mangia quello che il tuo organismo richiede. A questo punto voglio ricordare un episodio della vita dell'esoterista russo Gurdjieff. Da giovane, si recò in visita da un grande maestro; durante il soggiorno, per impressionarlo, si cibava soltanto di vegetali. Una sera, il suo ospite vole sapere perchè osservasse una dieta così rigida, e Gurdjieff spiegò: "Per mantenere pulito il mio corpo". Il maestro sorrise; poi gli consiglio di interrompere immediatamente quella pratica: gli disse che, se avesse continuato, avrebbe finito per essere come un fiore di serra - purissimo, ma incapace di resistere alla sfide dei viaggi e della vita. Come affermava Gesù:"Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, bensi quello che ne esce".
Credenza n°3. Dio è sacrificio. Molti perseguono il cammino del sacrificio e dell'autoimmolazione, affermando che bisogna soffrire in questo mondo al fine di guadagnarsi la felicità in quello a venire. Orbene, se questo mondo è una benedizione di Dio, perchè non approfittare delle gioie che la vita ci riserva? Siamo abituati all'immagine di Cristo sulla croce, ma dimantichiamo che la sua Passione durò soltanto tre giorni: egli trascorse il resto dell'esistenza viaggiando, incontrando gli uomini, mangiando, bevendo e diffondendo il proprio messaggio di tolleranza. E ciò è suffragato anche dal fatto che il suo primo miracolo fu "politicamente scorretto": allorché terminarono le libagione delle nozze di Cana, egli trasformò l'acqua in vino. E, a mio avviso, compì quel prodigio per mostrare a tutti noi che non cìè alcun male nell'essere felici, nel gioire, nel parteciare ad una festa - perchè Dio è molto più presente quando stiamo insieme agli altri. Maometto diceva che, "se siamo infelici, arrechiamo pena anche ai nostri amici". E Budda comprese che l'isolamento e il sacrificio allontanano dal miracolo della vita quando, dopo un lungo periodo di penitenze e di privazioni, la sua debolezza lo fece quasi annegare e fu salvato solo dall'intervanto di un pastore.
Credenza n°4. Esiste un unico cammino che conduce a Dio. E' la credenza più pericolosa. Da essa nascono la spiegazioni del Grande Mistero, le lotte religiose, il giudizio del nostro prossimo. Noi possiamo scegliere una religione - per esempio, io sono cattolico -, ma dobbiamo capire che, se un fratello ha scelto una fede diversa, raggiungerà il medesimo punto di verità e luce che costituisce la meta delle nostre pratiche spirituali. Infine, vale la pena ricordare che non è assolutamente possibile addossare la responsabilità della nostre decisioni a un prete, a un rabbino, a un imam: siamo noi ad aver costruito, con ciascuno dei nostri atti, la strada fino al Paradiso.
Tratto da "Sono come il fiume che scorre", di Paulo Coelho.

martedì 23 febbraio 2010

venerdì 19 febbraio 2010

Sarete libere quando brucerete il vostro vecchio "Io"

Un sentito ringraziamento all'autore di questo articolo, buona lettura a tutti..Un caro saluto, ArgonautaMente..

Gettate il seme in una buona terra, esso morirà per dare vita ad un nuovo germoglio. Noi siamo il vecchio seme, la terra è il fuoco che apre il cuore del seme, LUI è la scintilla che libera l’Uomo Nuovo.

La semplicità di questo pensiero è disarmante nella sua intensità. Lo vediamo, lo sentiamo, eppure siamo fortemente attaccati al vecchio seme. Lo accarezziamo, lo custodiamo, lo abbelliamo coprendolo d’oro, lo esaltiamo innalzandolo come un dio. Abbiamo creato un suolo duro intorno a noi, il nostro pianeta ne è ricoperto ed ora fatichiamo nel trovare una zolla di “buona terra”. Ora ci sentiamo persi perché il deserto cresce ed il cuore del vecchio seme sembra spento.

La Terra si spacca, la Terra è “un vecchio seme”. Eppure noi ancora non comprendiamo. La paura ci assale, versiamo lacrime di ghiaccio che cadono come sassi sulla dura roccia e ancora non comprendiamo. Le forze celesti di “COLUI CHE È” giungono e distruggono il duro suolo, sgretolano la crosta del vecchio seme per riportare alla luce la “buona terra” ma noi siamo ciechi e sordi. Il Nuovo ribolle dentro di noi eppure ne soffochiamo il respiro, ne occultiamo i colori e le melodie.

Attenzione! Un violento terremoto scuoterà le nostre radici e distruggerà, e brucerà ogni cosa. Abbatterà il nostro vecchio “Io” riducendolo in cenere. Saremo pronti? Non dobbiamo essere attaccati a ciò che è stato perché potremmo smarrirci nell’immenso ed inevitabile crollo, potremmo svanire come polvere nel vento.

Attenzione! Il tempo si avvicina al suo confine. In quel giorno dovremo essere pronti a liberarci di noi stessi, delle nostre paure, delle nostre fissazioni, dei nostri attaccamenti a ciò che muore. In quel giorno dovremo “germogliare” al Nuovo Sole che ci riempirà con un’energia dirompente.

Bisogna smettere di cercare il “Nuovo” nel “Vecchio”, bisogna abbandonare la mente intrisa di illusione e satolla del “Nulla”. Bisogna Ascoltare la Chiara Voce interiore, l’Urlo del Silenzio, il “Magma” che ribolle nel cuore. Questo è il Nuovo che bussa alla nostra porta.

Attenzione! la vecchia politica cadrà, la vecchia religione cadrà poiché il nuovo magma scintillerà nel sole ed i veri diamanti si risveglieranno come “bianche astronavi” che si solleveranno nel cielo immenso.

Bisogna arrendersi all’Amore, il Nuovo Fiore, l’eterna primavera che davvero potrà scatenare la Gioia in ogni cuore puro, in ogni cuore aperto al cambiamento ed alla Rinascita.

Diventiamo pensieri

Gabriele Frigerio

Fonte: link

La Gioia di dare

Spesso riteniamo che il nostro successo e la nostra felicità dipendano da quanto siamo focalizzati su noi stessi. Soddisfare il nostro ego, i nostri impulsi e i nostri desideri ci appare a volte come la via esclusiva per raggiungere la felicità.

Purtroppo, solo raramente realizziamo che ciò non è affatto corrispondente alla realtà. Al contrario, la felicità trova la propria forma di realizzazione più genuina e autentica solamente quando riusciamo a liberarci dall’urgenza e dall’impulso impellente di soddisfare i nostri desideri per donarci completamente al prossimo, abbracciando l’immensa gioia del dare noi stessi e dedicare le nostre energie a quanti sono intorno a noi.

Concentrarti in via esclusiva sui tuoi obiettivi, sui tuoi pensieri e sui tuoi desideri produce in breve tempo una desolante sensazione di depressione e tristezza, di distacco e lontananza dal prossimo, il quale viene gradualmente percepito come un ostacolo e una minaccia rispetto al perseguimento dei tuoi successi piuttosto che come una ricchezza e una benedizione.

Prova allora ad adottare una prospettiva differente. Prova a iniziare a rivolgere la tua attenzione, i tuoi pensieri e le tue azioni innanzitutto verso il prossimo, prima che verso te stesso. Prova a focalizzarti sulla gioia e sull’autenticità del dare anziché sulla pretesa di ricevere.

Assapora l’intimo piacere di donarti al prossimo, di regalare un sorriso a chi ti è vicino e di dedicarti attivamente ai bisogni e ai desideri altrui piuttosto che chiuderti nel perseguimento dei tuoi obiettivi individuali.

Potrai pensare che continuando a dare, non ne trarrai nulla in cambio. E’ vero esattamente il contrario. La gioia e il piacere di dare incondizionatamente ti riempiranno di un appagamento, di un equilibrio e di una serenità che soddisferanno i tuoi desideri più intimi e profondi. Ti regaleranno la felicità.

C’è di più. Attraverso la tua dedizione al prossimo attrarrai il desiderio di coloro che sono intorno a te di ricambiare il tuo amore e le tue cure. Hai mai notato? La via per essere amati è quella di essere persone amabili; quando aiuti il prossimo, questi sarà più incline ad aiutare te; il modo migliore per essere persone interessanti è quello di essere interessati agli altri; e così via...

Quando inizi a donare senza attendere o pretendere nulla in cambio, arrivi a comprendere l’arte della vita. Giungi a scoprire che la tua serenità e il tuo equilibrio interiore non derivano dal soddisfare i tuoi desidere e le tue ambizioni. La tua felicità più profonda risiede nel donarti al prossimo.
Fonte: link

mercoledì 17 febbraio 2010

Quando un piccolo gesto può fare la differenza..

Quando un piccolo gesto può fare la differenza
D.ssa Maria Concetta Digiacomo - 22 gennaio 2010

Quando si parla di Fame nel mondo, si rischia troppo spesso di fare un discorso demagogico e in quanto tale può non essere sentito dai più. Spesso il problema viene vissuto come qualcosa che non possiamo modificare. Nel nostro piccolo, nel nostro vivere quotidiano, possiamo pensare di fare beneficenza aiutando i più poveri, facciamo delle donazioni, aiutiamo delle associazioni umanitarie di cui ci fidiamo, ma a volte basta anche un gesto apparentemente insignificante, che invece ha delle ripercussioni veramente rilevanti. Vorrei così dare un messaggio semplice, apparentemente poco significativo, ma al tempo stesso di sostanziale rilevanza.

I numeri

- 900 milioni di persone soffrono la fame e ben 2 miliardi sono quelle mal nutrite;
- ogni anno 11 milioni di bambini muoiono per cause facilmente prevenibili (basterebbe molto spesso che avessero almeno accesso all’acqua e che questa fosse potabile). Molti altri ancora si “perdono in mezzo ai vivi”, resi invisibili dalla miseria. Di loro si perde ogni traccia, perché mai registrati alla nascita, perché rimasti orfani in età troppo tenera o perché finiti con in mano un fucile in un inferno molto più grande di loro, o finiti nel giro della prostituzione o finiti nel macabro, ma molto ben orchestrato (ad alti livelli!!) giro del traffico illegale degli organi!!
- Oltre 600 milioni di loro, sotto i 5 anni di età, sopravvivono con meno di 1 dollaro al giorno, 200 milioni sono affetti da rachitismo per malnutrizione e oltre 110 milioni non vanno a scuola.

Dall'altra parte...

- 1 miliardo e 142 milioni di persone sono sovrappeso.
- 29.2 milioni di persone ogni anno muoiono per eccesso di cibo (17,5 milioni per patologie cardiovascolari, 9 milioni per patologie tumorali, 3,8 milioni per diabete...)

Cosa dire della parte più nobile e più pulita, di quel mondo meraviglioso e magico che apparterrebbe loro, di un diritto inviolabile: l’INFANZIA?
Vengono privati di tutto questo, con un vero e proprio “saccheggio”!!

Perché organizzazioni importanti come la F.A.O. ad esempio, con i suoi 3500 dipendenti, di cui 1600 dirigenti ben stipendiati, da anni si interessano e si “impegnano” a tentare di risolvere il problema della fame, ma non ci riescono!? E perché gli affamati nel mondo aumentano sempre di più senza che a livello di organizzazioni che si fanno carico di questi problemi, non si riesce a trovare una soluzione? Forse perché da sessant’anni, ogni anno si organizzano vertici per discutere di Fame, davanti a tavole imbandite di cibo, o forse perché il 70 % dei dipendenti non vive sul campo, ma comodamente a Roma? O forse il problema è ancora più grande e la Fame è volutamente e lucidamente DECISA “A TAVOLINO” NEGLI AMBIENTI DELL’ALTA FINANZA E NELLE “STANZE DEI BOTTONI”?
Di fronte a questo scenario cosa possiamo fare noi? Di certo non possiamo “risolvere” il problema di così difficile soluzione, ma possiamo fare la “NOSTRA PARTE”.

Le premesse:

- Per produrre 1 kg di carne ci vogliono circa 15.000 litri di acqua;
- Per ogni kg di carne prodotto, servono 16 kg di cereali per nutrire gli animali.
- Gli allevamenti di bestiame sono responsabili del 18% delle emissioni complessive di gas serra;
- La produzione di 1 kg di carne causa emissioni equivalenti a 36,4 kg di anidride carbonica;
- Il bestiame è una fonte diretta di metano, 23 volte più dannoso dell’anidride carbonica;
- Ogni ora vengono uccisi, solo negli Stati Uniti, 500.000 animali;
- 2/3 delle terre fertili
del pianeta, sono usate per coltivare cereali e legumi per gli animali che saranno poi macellati.

Il numero enorme di animali allevati, per produrre carne:

- Bovini = 1.300.000.000,
- Suini = 1.000.000.000,
- Ovini + Caprini = 1.700.000.000
- Avicoli = 12.000.000.000!!!

contrasta in maniera stridente con i dati sulle popolazioni che muoiono ogni giorno per fame (due su dieci!).

Usare l’85% della produzione di cereali per alimentare gli animali e destinare poi questi all’uomo, da origine ad una catena divoratrice di risorse. E’ stato calcolato che per l’alimentazione del solo miliardo e trecentomilioni di ruminanti del pianeta, si utilizzano cereali che sfamerebbero 9 miliardi di persone!! Quindi le produzioni attuali di cereali sarebbero già più che sufficienti a sfamare tutti: basterebbe ridistribuire la risorse e diminuire il consumo di carne dei paesi ricchi.

Se solo si diminuisse la produzione di carne quanto più cibo ci sarebbe ? Quanta più acqua?

Quanto meno inquinamento? Perché a livello di FAO o di grosse organizzazioni ONU, non si riesce a mettere in relazione l’aumento della fame con la produzione di carne: nel 2007 la produzione di carne è stata circa 275 milioni di tonnellate; nel 2008 pare supererà i 280 milioni, e a questo ritmo nel 2050 sarà raddoppiata! E sempre che il nostro pianeta resista, saranno anche raddoppiati i morti per fame!

La nostra parte: Rajendra Pachauri, presidente del panel intergovernativo sui mutamenti climatici delle Nazioni Unite, ha recentemente proposto per la salvaguardia del nostro pianeta, per il nostro benessere e per la fame nel mondo, una soluzione”veloce” e alla portata di tutti: RINUNCIARE A FETTINA O BISTECCA UNA VOLTA ALLA SETTIMANA!
La proposta di Pachauri (premio nobel per la pace) è sensata e legittima, dunque mangiare meno carne farà bene al clima, all’ambiente, e sicuramente anche a noi stessi.

Il valore etico di una scelta vegetariana è quindi elevatissimo, rappresentando una scelta di giustizia, di lotta contro la disuguaglianza e la sofferenza dei più deboli, inclusi gli animali non umani. Capisco che questa scelta non può,e di questo me ne rendo conto, essere di tutti.
Ma se ognuno di voi, o di quanti mi leggeranno e vorranno ascoltare il mio modesto suggerimento, adottasse questa semplice e”veloce” soluzione, così come propone Pachauri, rinunciando a mangiare carne 1 volta la settimana, o riducendo in generale l’alimentazione con prodotti di origine animale, inciderebbe in maniera significativa sulla propria salute, del mondo, della natura e degli altri “poveri” dimenticati.

D.ssa Maria Concetta Digiacomo, medico di famiglia
Fonte: link

giovedì 4 febbraio 2010

Pronto al combattimento, ma con alcuni dubbi..

Salve a tutti cari lettori, è da un po' che non scrivo sul mio caro blog, questo è un periodo in cui sono distratto dagli impegni, ma capisco che tutto questo fa parte del mio viaggio..continuo in ogni caso a scrutare il mondo che mi circonda, a non farmi scappare nulla di ciò che mi circonda, alla continua ricerca delle tante risposte che mi possano aiutare a crescere ed a comprendere la strada per riunirmi a ciò che muove tutto, a ciò che è alla base di tutto, l'Amore, anche se sto scoprendo che è più vicino a me di quanto non possa credere..Ancora una volta guidato dalle coincidenze, anche se ormai credo che non esistano le coincidenze, vorrei condividere con voi un testo che lessi qualche tempo fa, e del quale ora, a distanza di qualche anno, riesco ad apprezzare un'ulteriore sfumatura, che aggiungo con grande piacere al mio bagaglio in questo magnifico viaggio..Durante la gioiosa e serena serata appena trascorsa in compagnia dei miei due Fratellini, nel mezzo di un discorso mi sovviene il ricordo di questo piccolo brano, che desideravo condividere con loro, e con voi tutti..Spero sia per voi un buono spunto di riflessione,vi lascio con un caro saluto, a risentirci presto..ArgonautaMente,il viaggio continua..
"Indosso una strana uniforme verde, confezionata con un tessuto spesso e costellata di cerniere. Porto un paio di guanti, per evitare le ferite alle mani. Sono armato con una sorta di lancia, alta quasi quanto me: possiede un'estremità metallica che, da un lato, rivela un tridente e, dall'altro, una punta affilata. Davani ai miei occhi si staglia ciò che verrà attaccato nei prossimi istanti: il giardino.

Impugnando questo strumento, comincio a strappare le erbacce che si sono mescolate al verde del prato. Lavoro per un bel po' di tempo, consapevole che le pianticelle estirpate dal suolo moriranno nel volgere di due giorni.
All'improvviso mi domando: "Sto agendo nel modo giusto?".
Quella che io chiamo erbaccia rappresenta, in realtà, il tentativo di sopravvivenza di una certa specie, che la natura ha impiegato milioni di anni per far nascere e sviluppare. Il suo fiore è stato impollinato grazie a innumerevoli insetti, si è trasformato in seme che il vento ha trasportato nei campi circostanti... Il fatto che quell'erba non sia cresciuta in un solo punto, ma abbia attecchito in molti luoghi, ha aumentato la sua possibilità di arrivare alla prossima primavera, e stagione dopo stagione... Se si fosse concentrata in un'area ben definita, sarebbe stata soggetta al flagello degli animali erbivori, di un'inondazione, di un incendio, oppure di una siccità. Ma tutti i suoi sforzi per sopravvivere adesso s'infrangono contro la punta di una lancia che la strappa dal suolo senza alcuna pietà.
Perchè lo faccio?
Qualcuno ha creato il giardino. Non so chi sia stato, giacchè quando ho acquistato la casa c'era già, in perfetta armonia con gli alberi e le montagne intorno. Di certo, il suo creatore deve aver riflettuto lungamente sulla realizzazione: deve averlo progettato e messo a dimora con gran cura - un filare di arbusti nasconde il casotto della legna da ardere - ed essersene occupato per innumerevoli inverni e primavere. Quando mi ha consegnato il vecchio mulino - dove trascorro alcuni mesi dell'anno -, il prato era impeccabile: ora spetta a me dare continuità al suo lavoro. In qualsiasi caso, la questione filosofica permane: devo rispettare l'intendimento e l'opera del creatore, del giardiniere, oppure piegarmi all'istinto di sopravvivenza di cui la natura ha dotato le piante che oggi definisco "erbacce"?
Continuo a strappare gli arbusti indesiderati e ad accatastarli in una pila che ben presto verrà bruciata. Forse mi sto soffermando troppo a lungo su temi che non hanno niente a che vedere con la riflessione, ma attengono più all'azione. Eppure, ogni gesto di un essere umano è sacro e pregno di conseguenze - la qual cosa mi sprona a pensare maggiormente a ciò che sto facendo.
Da una parte, quella pianta ha il diritto di diffondere la propria specie in ogni direzione; dall'altra, se non la distruggo adesso, finirà per soffocare l'erba del prato. Nel Nuovo Testamento, Gesù dice di separare il loglio dal grano e di gettarlo nella fornace ardente.
Ma, in qualsiasi caso - con o senza il soccorso della Bibbia -, io mi trovo davanti a un problema concreto che l'umanità deve spesso affrontare nei nostri giorni: fino a che punto è possibile interferire nelle attività della natura? E' un'interferenza sempre negativa oppure, in alcuni frangenti, può essere positiva?
Depongo la mia arma - che il mondo identifica con il nome di "zappa". Ogni suo colpo significa la fine di una vita, la mancata esistenza di un fiore nella primavera a venire, l'arroganza dell'essere umano che vuole modellare il paesaggio che lo circonda. Ho bisogno di una riflessione più approfondita, giacchè in questo momento sto esercitando un potere di vita e di morte. Il prato sembra dirmi: "Proteggimi, lei mi distruggerà." Ma anche l'erbaccia mi parla: "Ho compiuto un lungo viaggio per arrivare nel tuo giardino. Perchè vuoi uccidermi?"
Alla fine mi viene in aiuto la Bhagavad Gita, il leggendario testo indiano. Mi sovviene la risposta di Krishna al guerriero Arjiuna, allorchè questi si mostra scoraggiato prima di una battaglia decisiva: scaraventando le armi al suolo, dice che è ingiusto partecipare a un combattimento nel quale suo fratello troverà la morte. Krishna risponde più o meno così: "Credi davvero di poter ammazzare qualcuno? La tua mano è la mia mano. Ogni tua azione è già scritta prima che sia compiuta. Nessuno uccide e nessuno muore."
Rinvigorito da questo improvviso ricordo,impugno di nuovo la mia arma, attacco le erbacce che nessuno ha invitato a crescere in quel giardino e mi accontento dell'unica lezione di questa mattina: quando nella mia anima germoglia qualcosa di indesiderabile, chiedo a Dio di darmi coraggio per strapparlo senza alcuna pietà."
Tratto da "Sono come il fiume che scorre" di Paulo Coelho